27 Gen TASSAZIONE CATASTALE E FORFAIT PER LE SOCIETÀ AGRICOLE
di Vanni Fusconi, Pasquale Formica - Pubblicato sul Sole 24 ore il 27.01.2025
Con l’approvazione definitiva del decreto legislativo di revisione Irpef e Ires il Consiglio dei ministri ha compiuto un passo decisivo nel processo di riforma fiscale del settore agricolo. Il provvedimento, attuativo della legge delega (legge 111/2023), compie un importante ammodernamento della fiscalità in agricoltura, favorendo una migliore organicità fra le varie normative del settore.
In quest’ottica, la riforma, con le modifiche apportate al comma 4 dell’articolo 56-bis del Tuir, estende l’applicazione delle modalità di definizione forfettaria dei redditi anche alle società agricole di cui all’articolo 2 del Dlgs 99/2004 che hanno optato per la tassazione su base catastale (articolo 1, comma 1093, della legge 296/2006). In sostanza, le società di persone (sas e snc), le Srl e le società cooperative qualificate come società agricole che hanno optato per la tassazione su base catastale, potranno accedere ai regimi forfettari di determinazione del reddito previsti dall’articolo 56-bis del Tuir. Ciò con la conseguenza che al reddito determinato catastalmente si “aggiungerà” quello determinato forfettariamente in relazione alle diverse e ulteriori attività previste dalla norma ai commi 2, 3 e 3-bis.
Più in particolare, occorre prestare particolare attenzione alla disciplina contenuta al comma 3-bis, in base al quale il reddito derivante dalle attività di commercializzazione di piante vive e prodotti della floricoltura, acquistati da imprenditori agricoli florovivaistici di cui all’articolo 2135 del Codice civile, entro il limite del 10% del volume d’affari, è calcolato applicando un coefficiente di redditività del 5% sull’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a Iva. Qualora si adottasse l’interpretazione restrittiva dell’articolo 2, comma 1, del Dlgs n. 99/2004 fatta propria da una parte della giurisprudenza (Cgt, di secondo grado Emilia-Romagna, sentenza n. 633/2024), secondo cui le «attività» non agricole non possono essere estese oltre quelle espressamente previste dalla norma (locazione, comodato, affitto di fabbricati a uso abitativo, nonché di terreni e fabbricati a uso strumentale alle attività agricole entro il limite del 10% dei ricavi complessivi), si potrebbe incorrere nel rischio che la mera compravendita di prodotti agricoli venga considerata una deviazione dall’esercizio esclusivo delle attività agricole, con conseguente decadenza dal regime opzionale previsto dal comma 1093.
Insomma, per un verso, il Legislatore ha inteso estendere il regime di determinazione forfettaria del reddito anche a chi opta per la tassazione catastale e, per un altro verso, una compiuta applicazione di detta normativa sarebbe incompatibile proprio con la permanenza nel regime opzionale stesso. Appare, quindi, possibile, per un migliore coordinamento fra le varie disposizioni, adottare una interpretazione più ampia del concetto di esercizio esclusivo delle attività agricole, coerente con la ratio ispiratrice della disposizione. Del resto, anche dalla lettura della relazione illustrativa, sembra emergere chiaramente l’intento di stabilire una piena compatibilità fra il requisito dell’«esercizio esclusivo» ed il compimento di atti che «ancorché di natura economica, hanno carattere occasionale o marginale». In questa prospettiva, l’elenco contenuto nell’articolo 2, comma 1, dovrebbe essere considerato non tassativo ma piuttosto indicativo della volontà del Legislatore di agevolare tutte le imprese che svolgono per così dire “essenzialmente” un’attività agricola, in piena coerenza con la riforma fiscale in ambito agrario, ispirata a logiche di coerenza e organicità.