
29 Ott RIDETERMINAZIONE DELLE PERCENTUALI DI RICARICO UN PERCORSO AD OSTACOLI PER IL FISCO
La lotta all’evasione fiscale rappresenta uno dei temi che, negli ultimi anni, sta assumendo un’importanza sempre maggiore e su cui l’Amministrazione finanziaria sta investendo sempre più energie e risorse.
Il mondo dell’agricoltura non deve ritenersi escluso da tale ondata di controlli e per provare a capire qualcosa in più, abbiamo analizzato le linee guida che la Guardia di Finanza è chiamata a seguire nell’ambito dei controlli e nella scelta dei soggetti da sottoporre a verifica.
Inoltre, abbiamo ritenuto utile approfondire le indicazioni fornite sulle modalità di rideterminazione del ricarico applicato sui prodotti venduti, modalità che sempre più spesso colpisce quegli operatori del settore, come ad esempio i florovivaisti, che oltre all’attività agricola svolgono anche un’attività commerciale con determinazione del reddito a costi/ricavi.
La Guardia di Finanza, con la Circolare 1/2018, ha introdotto quelle che sono le nuove linee guida in ambito di verifiche fiscali illustrando gli indirizzi operativi nell’attività di contrasto all’evasione.
Un paragrafo specifico della Circolare è dedicato al processo di raccolta, selezione, analisi ed elaborazione di dati che, grazie all’avvento del telematico e alla sempre maggiore implementazione di adempimenti fiscali, costituiscono un immenso patrimonio a disposizione degli Uffici.
L’enorme mole di dati di cui il sistema dispone viene utilizzata dalle autorità giudiziarie per intercettare, con sempre maggior efficacia, le forme di evasione. È proprio in quest’ottica, infatti, che si tenta di far convergere l’attenzione delle unità operative su quei soggetti che manifestano indicatori di pericolosità fiscale.
Tale attività, in gergo tecnico definita come intelligence, prevede la conoscenza di tutti i fenomeni elusivi, evasivi e di frode, categorizzati in base alle diverse tipologie di contribuenti, atte a diventare delle vere e proprie “linee guida” da seguire per le verifiche della GdF.
Ma quali sono quei contribuenti che saranno oggetto di attenzione da parte del fisco?
A tal proposito, l’Amministrazione finanziaria ritiene opportuno focalizzare le proprie risorse su quei contribuenti che presentano redditi ridotti e non validamente giustificati.
Inoltre, viene evidenziata l’opportunità di non disperdere energie in contestazioni di natura essenzialmente formale o di esiguo ammontare che, oltre a creare inefficienze, determinerebbero una percezione errata dell’operato dell’Agenzia.
Peraltro, nella fase di selezione, la scelta tra un soggetto o un altro deve essere effettuata coniugando il principio di equità con quello di proficuità dell’azione amministrativa; pertanto si dovrà monitorare la solvibilità del contribuente.
Tali nozioni di carattere generale trovano più specifica applicazione quando si entra nel merito dell’attività di verifica della Guardia di Finanza.
La Circolare 1/2018, una volta stabiliti quelli che sono i contribuenti oggetto di controllo, elenca le varie procedure utilizzate dai verificatori per la rideterminazione del reddito. In particolare, si fa riferimento all’adozione del metodo analitico-induttivo che prevede la possibilità di utilizzare elementi acquisiti con modalità alternative senza tenere conto delle risultanze delle scritture contabili.
La GdF chiarisce, tra l’altro, che, nell’ambito di applicazione dell’accertamento analitico-induttivo alle piccole medie imprese, l’elemento essenziale è l’utilizzo di presunzioni che, per poter essere considerate idonee a legittimare l’accertamento, devono necessariamente avere carattere di gravità, precisione e concordanza:
- gravità: un indizio è grave quando è dotato di un grado di persuasività elevato e riesce a resistere a eventuali obiezioni. Il predetto elemento deve cioè possedere un peso notevole ed importante in funzione della dimostrazione del fatto ignoto a cui si riferisce in modo tale che, secondo un criterio probabilistico, l’ipotesi logica che ne deriva risulti quella più attendibile rispetto ai giudizi di fatto formulati con riferimento ad un dato di comune esperienza;
- precisione: un indizio è preciso quando non è suscettibile di diverse interpretazioni;
- concordanza: un indizio è concordante nel senso che ci devono essere più indizi che confluiscono nella stessa direzione. Per utilizzare il termine evidenziato dalla Guardia di Finanza, l’indizio deve portare alla esclusività delle conclusioni a cui si può giungere sulla base delle assunzioni utilizzate.
Tali presunzioni devono essere calibrate alla tipologia di soggetto controllato e alle caratteristiche dell’attività svolta dal contribuente.
Al fine di accertare comportamenti evasivi, e riuscire a darne una quantificazione in termini economici, l’ipotesi principale delineata dalla Guardia di Finanza è quella di effettuare una ricostruzione indiretta dei ricavi basandosi sulla preventiva rideterminazione delle percentuali di ricarico.
La GdF, quindi, per rideterminare delle percentuali di ricarico, procederà al rapporto tra il costo del venduto e la percentuale di ricarico media (determinata in base al raffronto tra le percentuali di ricarico delle diverse tipologie di prodotti e delle percentuali di incidenza relative alle medesime tipologie).
Una volta rideterminato il valore presunto dei ricavi, questo viene confrontato con l’ammontare delle operazioni annotate sul registro dei corrispettivi ovvero sul registro delle fatture emesse giungendo ad una delle seguenti ipotesi:
- se il valore presunto di ricavi è maggiore del dato complessivo fatturato e contabilizzato si determina, per la differenza, il valore delle vendite non fatturate e non registrate;
- se il valore presunto dei ricavi è inferiore del dato complessivo fatturato e contabilizzato si determina, per la differenza, il valore degli acquisti non fatturati e non registrati.
Volendo schematizzare le formule applicative di tale procedura, si avrà quanto segue:
- COSTO DEL VENDUTO (CV)
(Valore giacenze iniziali + Costo acquisti) – Valore giacenze finali - PERCENTUALE RICARICO PRODOTTO A (RA%)
(Prezzo vendita prodotto A – Prezzo acquisto prodotto A) x 100
Prezzo acquisto prodotti A - PERCENTUALI DI INCIDENZA PRODOTTO A (IA%)
Costo totale prodotto A x 100
Costo totale prodotti A + B + C - PONDERAZIONE PERCENTUALE RICARICO (RM%)
(RA% x IA%) + (RB% x IB%) + (RC% x IC%)
(IA% + IB% + IC%) - VALORE PRESUNTO RICAVI (VPR)
CV x (1 + RM%) - IPOTESI CHE NE DERIVANO
VPR > Dato contabilizzato (F) al netto di IVA = vendite non fatturate
VPR < Dato contabilizzato (F) al netto di IVA = acquisti non fatturati - VALORE ACQUISTI / VENDITE NON FATTURATE
F – VPR
1 + RM%
- COSTO DEL VENDUTO (CV)
Per meglio comprendere la concreta applicazione delle suddette formule procediamo con la formulazione di un esempio:
Qualità | Quantità acquistata | Prezzo unitario di acquisto (PA) | Prezzo unitario di vendita (PV) | Totale acquisto (CT) |
Prodotto A | 12 | 200 | 300 | 2.400 |
Prodotto B | 22 | 100 | 125 | 2.200 |
Prodotto C | 48 | 50 | 125 | 2.400 |
Totali | 82 | 7.000 |
Giacenze iniziali risultanti dal registro acquisti 3.000
Acquisti al prezzo di costo come da fattura 7.000
Giacenze finali come da inventario 2.000
Valore del fatturato risultante da scritture contabili (F) 16.000
Calcoli:
- Costo del venduto
CV= 3.000 + 7.000 – 2.000 = 8.000 - Percentuali di ricarico per ciascun prodotto
RA% = [(300 – 200) / 200] x 100 = 50%
RB% = [(125 – 100) / 100] x 100 = 25%
RC% = [(125 -50) / 50] x 100 = 150% - Percentuali di incidenza
IA% = (2.400 / 7.000) = 34,285%
IB% = (2.200 / 7.000) = 31,43%
IC% = (2.400 / 7.000) = 34,285% - Media ponderata delle percentuali di ricarico
RM% = [(50 x 34,285) + (25 x 31,43) + (150 x 34,285)] / (34,285 + 31,43 + 34,285) = 76,43% - Valore presunto ricavi
8.000 x (1 + 76,43%) = 14.114 - Confronto tra il valore presunto ricavi e quello contabilizzato
14.114 < 16.000 quindi ci sono 1.886 acquisti non fatturati - Valore acquisti non fatturati
1.886 / (1 + 0,7643) = 1.069
- Costo del venduto
Nella panoramica della rideterminazione del reddito in base alle percentuali di ricarico, non sono da trascurare alcune criticità in merito alla legittimità della modalità di accertamento analitico-induttive.
Infatti, le risultanze ottenute dal calcolo puramente matematico posto in essere dalla GdF, se utilizzate quale unica presunzione per emettere l’avviso di accertamento, non sono considerate idonee ad integrare i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla norma. In tal senso si è recentemente espressa anche la giurisprudenza con la Cassazione Civile, Sezione tributaria, n. 5157/2016.
Secondo i giudici, l’Amministrazione può procedere – ai sensi del citato art. 39, comma 1 lettera (d) – alla determinazione induttiva dei ricavi sulla scorta delle percentuali di ricarico, le quali tuttavia costituiscono presunzioni semplici, che debbono essere assistite dai requisiti di cui all’art. 2729 c.c. desunte dai dati di comune esperienza (…). In presenza di scritture contabili formalmente non contestate (…) non è sufficiente, ai fini dell’accertamento di maggiori ricavi, il solo rilievo della applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico aritmeticamente diversa da quella riscontrata (nel settore di appartenenza ovvero) nel campione esaminato dai verificatori. Infatti, le medie matematiche, ponderate o no, non costituiscono un “fatto noto” cioè storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, il fatto ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione ragionata di dati. Pertanto, tali percentuali non sono di per sé sole idonea integrare gli estremi di una prova per presunzioni, occorrendo quantomeno che emerga la abnormità o la irragionevolezza della percentuale quale elemento ulteriore (Cass. n. 20201/2010, n. 12032/2009, n. 26388/2005). In particolare, la abnormità o la irragionevolezza della difformità è stata esclusa nel caso di spostamenti di pochi punti percentuali (sulla irrilevanza di uno scostamento di quattro e di sette punti v. Cassazione n. 26007/2014 e 12032/2009).
A fronte di ciò, è evidente la necessità che la rideterminazione delle percentuali di ricarico, determinate per singolo settore di attività, avvenga sulla base di dati molto precisi e dettagliati e, in particolare, che:
- siano tenute presenti tutte le componenti di costo, dirette e indirette, concretamente misurabili;
- i prezzi di vendita e di acquisto siano rilevati con riferimento ad una stessa annualità;
- sia ridotto al minimo il riferimento a valori medi e statistici;
- le eventuali incertezze siano risolte in contraddittorio con il contribuente;
- siano adeguatamente prese in considerazione le condizioni specifiche del contribuente e dell’impresa, ivi comprese circostanze accidentali o eccezionali che possano avere influito sul normale corso di certi eventi;
- si eviti, in ogni caso, di pervenire a medie semplicemente aritmetiche, dovendo attribuire il giusto e ponderato peso a taluni prodotti rispetto ad altri;
- si tenga comunque conto della varietà delle merci commercializzate, non essendo possibile applicare la stessa percentuale a prodotti profondamente diversi;
- si tenga, altresì, conto dei periodi in cui sono stati effettuati saldi, promozioni etc. che influenzano la percentuale di ricarico in relazioni agli sconti applicati sul prezzo di vendita.
Di seguito riportiamo alcune pronunce giurisprudenziali in merito all’utilizzo delle percentuali di ricarico da parte dell’Ufficio.
Con la Sentenza n. 673 del 16/1/2015, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di un avviso di accertamento poiché il campione rappresentativo della merce, pari a solo il 9% dei beni venduti doveva essere considerato “insufficiente” a ricostruire in maniera puntuale la percentuale di ricarico applicata. Non solo, nel caso in esame la Suprema Corte ha evidenziato l’illegittimità dell’utilizzo della media aritmetica vista la diversità dei prodotti inseriti nel campione. Il criterio di determinazione della percentuale di ricarico “deve comunque rispondere a canoni di coerenza logica e di congruità” e deve essere rapportato:
- all’omogeneità dei beni. In particolare, il criterio della media aritmetica semplice è consentito solo in presenza di beni omogenei;
- al campione selezionato per la comparazione tra prezzi di acquisto e di vendita.
Detto campione non può essere limitato ad alcuni articoli ma deve comprendere l’inventario generale delle merci commercializzate o, comunque, un gruppo significativo per qualità e quantità, senza necessariamente estendersi alla totalità dei beni.
In tal senso la Cassazione si è pronunciata anche recentemente, con la Sentenza n. 26589 del 22/10/2018, affermando che il giudice di merito è tenuto a verificare la scelta dell’Amministrazione in relazione alle critiche proposte, alla luce dei canoni di coerenza e di congruità, tenuto conto della natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce nonché della rilevanza dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al criterio di media (aritmetica o ponderata) prescelto. (Cass. 30276/2017)
La Corte di Cassazione è intervenuta sulla problematica in esame anche con la Pronuncia n. 4312 del 4/3/2015 con cui ha stabilito che la ricostruzione dei ricavi non è legittima nel caso in cui la stessa sia:
- basata sul raffronto tra costi di acquisto e prezzi di rivendita effettuato su alcuni articoli anziché sull’inventario generale;
- effettuata utilizzando la media semplice, anziché la media ponderata, in presenza di una notevole differenza di valore tra i diversi tipi di merce e di una percentuale di ricarico dei beni più venduti inferiore rispetto a quella risultante dal ricarico medio.
Importante sul punto anche il pronunciamento n. 22464 del 4/11/2015 con cui la Cassazione ha confermato il pronunciamento di secondo grado che aveva dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento sulla base delle seguenti criticità:
- talvolta sono stati rapportati il prezzo di vendita con IVA al costo di acquisto senza IVA;
- i beni raggruppati per categorie non risultano omogenei, con la conseguenza di uno scarto troppo elevato tra prezzo minimo e massimo;
- il rapporto tra costo d’acquisto e prezzo di vendita risulta falsato; sono infatti stati raffrontati i costi di acquisto di 7603 articoli con i prezzi di vendita di 2133 articoli;
- nei costi di acquisto sono stati considerati sconti e abbuoni di competenza dell’anno precedente;
- non è stato considerato che il prezzo di vendita era comprensivo della posa in opera degli articoli acquistati, con incidenza del costo della mano d’opera sul prezzo.
Come detto, le percentuali di ricarico devono essere applicate correttamente, tuttavia ciò potrebbe non bastare a supportare la legittimità di un accertamento analitico induttivo.
Non bisogna dimenticare, infatti, che le suddette percentuali hanno una funzione prettamente “rivelatrice”, nella circolare della GDF è infatti precisato come le stesse debbano essere in ogni caso supportate da altri elementi di fatto di rilevante significato dimostrativo, emergenti dalla stessa contabilità dell’impresa verificata o comunque dalla specifica realtà materiale a questa riferibile.
Come più volte evidenziato dalla giurisprudenza, le medie matematiche, ponderate o no, rappresentano soltanto il risultato di una estrapolazione ragionata di dati. Pertanto, tali percentuali non sono di per sé idonee ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni, infatti, a tal fine, la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20201/2010, n. 12032/2009, n. 26388/2005) ha più volte ribadito la necessità di far emergere ulteriori elementi che evidenzino la abnormità o la irragionevolezza della percentuale di ricarico applicate nel caso in cui ci si trovi al cospetto di una contabilità attendibile.
Il ruolo centrale delle scritture contabili è stato sottolineato anche nella Sentenza n. 26007/2014 con cui la Corte di Cassazione ha affermato che le scritture contabili costituiscono un vinculum iuris disattendibile solo in base a prove particolarmente qualificate.
Nel caso specifico, i Giudici di legittimità hanno affermato che uno scostamento fra il ricarico dichiarato e quello accertato pari a 4,01 punti percentuali non può essere considerato abnorme e fuori dalle dinamiche economiche. Pertanto, tale elemento non è di per sé idoneo a fondare l’accertamento con il metodo analitico induttivo (art. 39, c. 1 lettera d), poiché non sintomatico di una condotta commerciale anomala. (Cass. 15038/2014).
In sintesi, possiamo affermare che in assenza di abnormità e irragionevolezza della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella desunta dai controlli della GDF, il modesto utile risultante dal conto economico non può essere sufficiente a legittimare l’accertamento analitico induttivo.