PRIMA CASA E PICCOLA PROPRIETÀ CONTADINA: AGEVOLAZIONI COMPATIBILI?

La cosiddetta “agevolazione prima casa” rappresenta uno dei regimi fiscali di favore maggiormente utilizzati nel nostro paese ed è volto a facilitare l’acquisto della prima abitazione che, come è noto, rappresenta, o forse al giorno d’oggi è meglio dire rappresentava, l’investimento prediletto degli italiani.

La normativa agevolativa contenuta nell’art. 1, Tariffa – Parte prima del D.P.R. 131/1986 permette di pagare l’imposta di registro nella misura del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro.

Se invece il venditore è un’impresa con vendita soggetta a IVA, l’acquirente dovrà versare l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo della cessione, pari al 4% anziché al 10%. In questo caso le imposte di registro, catastale e ipotecaria si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Il regime agevolativo prevede alcune cause ostative, una delle quali è rappresentata dal fatto che l’acquirente, al momento dell’acquisto, non deve essere in possesso di un’altra casa di abitazione nello stesso Comune.

Un siffatto limite potrebbe interessare, e non poco, quegli imprenditori agricoli che hanno acquistato un fondo rustico con un sovrastante fabbricato abitativo usufruendo delle agevolazioni della “piccola proprietà contadina” e, a distanza di qualche tempo, hanno acquistato nello stesso Comune la propria abitazione usufruendo delle agevolazioni “prima casa”.

Agli occhi di un osservatore poco attento queste due operazioni possono non apparire in contrasto, ma non agli occhi dell’Amministrazione che, incrociando semplicemente i dati catastali, si renderebbe subito conto che l’acquisto “prima casa” è stato effettuato da un soggetto già titolare di altro immobile abitativo nello stesso Comune e, a questo punto, la notifica dell’avviso di liquidazione sarebbe inevitabile.

Per meglio comprendere la problematica in esame, come evitarla, come difendersi e le eventuali ripercussioni che ci potrebbero essere sul piano delle agevolazioni PPC, analizzeremo in linea generale la disciplina delle due agevolazioni e gli orientamenti espressi da prassi e giurisprudenza.

Agevolazione Prima Casa

Come afferma l’Agenzia delle Entrate con Circolare n. 38/E del 2005, l’agevolazione prima casa spetta in sede di registrazione dell’atto, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal contribuente in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, nota II-bis del Testo Unico Registro.

L’acquirente, al momento della stipula dell’atto, deve possedere una pluralità di requisiti soggettivi ed oggettivi, che devono sussistere contemporaneamente:

  • tipologia dell’immobile: deve trattarsi di case di abitazione “non di lusso”, secondo i criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969. Più in particolare, la casa acquistata non deve appartenere alle categorie catastali A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (villa) e A/9 (immobili di pregio artistico e storico);
  • tipologia del diritto trasferito: l’agevolazione compete non solo per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione, ma anche per gli atti costitutivi a titolo oneroso della nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione;
  • ubicazione dell’immobile: l’immobile da acquistare deve essere ubicato nel Comune dove l’acquirente già risiede oppure nel Comune in cui l’acquirente trasferisca la residenza entro 18 mesi dall’atto di acquisto, pena decadenza dall’agevolazione;
  • l’acquirente non deve possedere altri immobili, su tutto il territorio nazionale, acquistati con benefici prima casa;
  • assenza di altri diritti immobiliari nello stesso Comune di acquisto: l’agevolazione non spetta a chi sia titolare di un diritto reale su altro immobile abitativo situato nello stesso Comune.

Le dichiarazioni del contribuente sono sottoposte a verifica solo in una fase successiva alla registrazione dell’atto e l’eventuale riscontro di elementi non corrispondenti al vero può comportare la revoca del beneficio.

La nostra analisi si concentrerà sull’ultimo presupposto in esame e sulle criticità che potrebbero nascere nel caso in cui il contribuente abbia acquistato nello stesso comune un fondo rustico con un sovrastante fabbricato rurale abitativo utilizzando, come spesso accade, le agevolazioni per la formazione e l’arrotondamento della piccola proprietà contadina.

Le agevolazioni per la formazione e l’arrotondamento della piccola proprietà contadina (PPC).

La disciplina dettata dal D.Lgs. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4-bis, consente ai coltivatori diretti o agli imprenditori agricoli a titolo professionale iscritti nella relativa previdenza agricola di acquistare terreni agricoli e le relative pertinenze, con applicazione dell’imposta di registro e ipotecaria in misura fissa e catastale nella misura proporzionale dell’1%.

Sotto il profilo oggettivo ai fini dell’applicazione dell’agevolazione risulta di fondamentale importanza il concetto di “terreni e relative pertinenze”.

In applicazione di tale disposizione è, quindi, agevolabile anche il trasferimento del fabbricato sempreché sussista un rapporto di pertinenzialità tra detto immobile (bene accessorio) ed il terreno agricolo.

Sul concetto di “pertinenza” si è espressa l’Amministrazione Finanziaria con la Risoluzione n. 26 del 6 marzo 2015.

Con il richiamato documento di prassi la Direzione Centrale Normativa ha precisato che un fabbricato può rientrare nell’agevolazione solo se ricorrono due requisiti:

  • il soggetto che acquista deve essere iscritto alla Gestione Previdenziale come coltivatore diretto o IAP;
  • il fabbricato deve costituire pertinenza del terreno agricolo.

Sul concetto di pertinenza l’Agenzia, nella richiamata risoluzione, esprime principi chiarissimi e a nostro parere condivisibili: ai fini dell’applicazione dell’agevolazione in questione non rileva “la qualificazione di strumentalità del fabbricato, di cui all’articolo 2 del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139 (che ha sostituito il comma 3 ed inserito il comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), in quanto le agevolazioni in materia di PPC fanno riferimento alla nozione di pertinenza e non a quella di strumentalità”.

Prosegue: “la nozione di fabbricato pertinenziale, che implica la sussistenza di una connessione funzionale tra il fabbricato e il terreno agricolo, non appare coincidente, come detto, con la nozione di strumentalità che è, invece, volta all’individuazione dei beni necessari per lo svolgimento dell’impresa agricola” (a sostegno dell’orientamento espresso la risoluzione richiama la Sentenza della Corte di Cassazione del 27 maggio 1993 n. 5942).

La risoluzione in esame non ritiene rilevante ai fini dell’applicazione delle agevolazioni PPC l’accatastamento del fabbricato, in quanto legato ad un concetto di strumentalità (D.L. 557/1993) del tutto ininfluente ai fini dell’individuazione del carattere di pertinenzialità.

Non solo, deve essere considerata del tutto ininfluente anche l’attività di impresa esercitata, infatti, a pag. 5 del documento di prassi, viene precisato che “devono, dunque, ritenersi inclusi nel concetto di fondo rustico anche eventuali fabbricati rurali, sempreché gli stessi svolgano una funzione strumentale rispetto al terreno agricolo, a prescindere dall’attività di impresa esercitata.”.

L’accertamento della sussistenza o meno di vincolo pertinenziale comporta “un giudizio di fatto” (cfr. Corte di Cassazione, 2 marzo 2006, n. 4599) “costituito dalla destinazione concreta ed effettiva della pertinenza a servizio (…) della cosa principale” (cfr. Corte di Cassazione 13 luglio 2007, n. 15739).”.

È dunque necessario effettuare una verifica volta ad appurare la sussistenza congiunta dei seguenti elementi:

  • un elemento soggettivo, consistente nella volontà manifestata dal proprietario della cosa principale o da colui che è titolare di un diritto reale sulla stessa, di destinare durevolmente la cosa accessoria a servizio ed ornamento del bene principale. Tale presupposto sussiste, dunque, quando vi è la volontà, espressa o tacita, da parte di chi ne abbia il potere, di destinare a servizio od ornamento del bene principale il bene accessorio;
  • un elemento oggettivo, consistente nel rapporto funzionale che deve intercorrere tra il bene principale e quello accessorio. Questo requisito è caratterizzato dall’instaurazione di un rapporto di complementarietà economico-giuridica, fondato sulla subordinazione funzionale di un bene rispetto a quello principale.

Sulla base dei chiarimenti offerti dall’Amministrazione che ricalcano la definizione civilistica del concetto di pertinenza, un fabbricato potrebbe non rispettare i requisiti della ruralità di cui al D.Lgs. 557/1993, quindi non riportare in visura l’annotazione richiesta dal DMEF 26 luglio 2012 ma, al contempo, vista la sussistenza degli elementi soggettivi e oggettivi sopra descritti, essere comunque legato al terreno agricolo a cui è asservito da un rapporto di pertinenzialità.

Se l’elemento determinante al fine di poter usufruire dell’agevolazione è la destinazione (soggettiva e oggettiva) impressa al fabbricato, ne deriva che un immobile accatasto in A/4 può legittimamente usufruire delle agevolazioni di cui al D.Lgs. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4-bis, anche se non adibito ad abitazione del coltivatore diretto, purché sia dimostrata la sua destinazione al servizio del fondo. Ciò può verificarsi, ad esempio, quando il fabbricato, pur essendo accatastato ad uso abitativo, sia in realtà adibito a ricovero per le attrezzature agricole, a deposito frutta o come spesso accade in campagna, quale stalla per il ricovero degli animali.

Il passaggio logico sopra espresso è di fondamentale importanza, poiché le compravendite di fondi rustici hanno molto spesso ad oggetto fabbricati di categoria A che, pur essendo subordinati funzionalmente al terreno, non risultano abitabili, ma non per questo possono essere esclusi dal regime agevolato.

L’assunto di cui sopra è un tassello di fondamentale importanza per dirimere la problematica oggetto del presente approfondimento e rispondere al quesito: l’agevolazione prima casa e la disciplina della piccola proprietà contadina sono compatibili?

1 – DMEF 26 luglio 2012: “Individuazione delle modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito della ruralità.”.

PPC e prima casa, due agevolazioni compatibili.

Se un coltivatore ha acquistato la propria abitazione usufruendo delle agevolazioni prima casa e nello stesso Comune ha acquistato un fondo rustico con un sovrastante fabbricato abitativo, potrebbe incorrere in brutte sorprese.

L’Agenzia, infatti, con un semplice incrocio di dati catastali potrebbe contestare l’applicazione dell’agevolazione prima casa, poiché, come accennato, tale disciplina risulta inapplicabile se in contribuente possiede altro immobile abitativo nel medesimo Comune.

Una siffatta interpretazione non appare condivisibile, poiché il legislatore quando ha introdotto quale causa impeditiva dell’agevolazione prima casa la titolarità nel medesimo Comune di altra “casa di abitazione” ha indubbiamente inteso riferirsi ad un immobile che non sia semplicemente accatastato nella categoria “A”, ma che sia anche idoneo a svolgere la funzione abitativa. Infatti, il concetto di abitazione presuppone necessariamente il requisito di “idoneità”, con la conseguenza che, se la casa “pre-posseduta” non è idonea a svolgere tale funzione, la titolarità esclusiva della stessa non impedisce l’ottenimento dell’agevolazioni prima casa in occasione del nuovo acquisto.

Il concetto di abitabilità

La Cassazione si è trovata più volte ad esprimersi sull’argomento, delineando un orientamento, ormai consolidato, secondo cui un fabbricato posseduto antecedentemente è in grado di compromettere l’agevolazione prima casa solo se è effettivamente abitabile sia da un punto di vista soggettivo che da un punto di vista oggettivo (sul punto anche Cass. n. 2418/2003, Cass. n. 100/2010 e Cass. n. 2565/2018).

In altre parole, il concetto stesso di abitazione presuppone necessariamente il requisito di “idoneità”. Il fatto che l’immobile possa o non possa essere adibito ad abitazione deve essere comprovato da tutta una serie di elementi in grado di certificarne l’idoneità sia da un punto di vista oggettivo che da un punto di vista soggettivo:

  • idoneità oggettiva: consiste nell’effettiva abitabilità;
  • idoneità soggettiva: il fabbricato deve essere adeguato, sia per dimensioni che per caratteristiche qualitative, ad essere adibito ad abitazione per poter essere adibito ad immobile abitativo.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18128 del 2009, ha stabilito che il requisito della “impossidenza di altro fabbricato destinato ad abitazione” sussiste nel caso di carenza di altro alloggio concretamente idoneo a sopperire ai bisogni abitativi e, quindi, non resta escluso dalla proprietà di un altro appartamento, ove l’interessato deduca e dimostri che non sia in grado, per dimensioni e complessive caratteristiche, di soddisfare dette esigenze (in tal senso si vedano anche Cass. 10925/2003, Cass. 203/2011 e Cass. 13118/2019).

Secondo questa interpretazione, a nostro parere del tutto condivisibile, se nel primo immobile non è possibile abitare, allora è consentito usufruire dell’agevolazione fiscale “prima casa” per l’acquisto di altro immobile abitativo ubicato nel medesimo Comune, non potendosi assumere come concretizzato il divieto di cui alla lett. b) dell’art. 1, Tariffa – Parte prima del D.P.R. 131/1986.

Per meglio comprendere quali potrebbero essere gli elementi che rendono un fabbricato non idoneo a far fronte alle esigenze abitative, riportiamo di seguito alcuni esempi:

  • criticità della struttura per quanto concerne la robustezza sismica;
  • intonaco e rivestimenti con zone di distacco;
  • presenza di infiltrazioni;
  • finiture interne ammalorate;
  • pavimentazione assente;
  • infissi privi di taglio termico;
  • impianti inesistenti;
  • assenza di servizi necessari;
  • casa divenuta troppo piccola a causa dell’aumento del numero dei famigliari del contribuente;
  • casa divenuta troppo grande a causa della diminuzione del nucleo dei familiari;
  • abitazione resa inaccessibile a chi resti vittima di un incidente che ne comprometta la deambulazione; perché ubicata in un piano elevato non servito da ascensore;
  • casa posizionata in un luogo insalubre per il mutamento delle condizioni di salute del proprietario;
  • abitazione sulla quale il contribuente non abbia un diritto che non ne comporti “il potere di disporne come abitazione propria (nella Sentenza n. 21289/2014 della Cassazione, è stata giudicata inidonea l’abitazione di cui il contribuente era comproprietario solo per il 5%).

Come ben sanno gli operatori del settore agricolo, molte delle caratteristiche sopra elencate sono tipiche dei fabbricati abitativi presenti nei fondi rustici che, anche se non propriamente collabenti, non sono idonei ad essere abitabili senza pesanti e costosissimi interventi di ristrutturazione.

Ovviamente l’Ufficio, ancora poco avvezzo al contraddittorio, non può essere al corrente delle caratteristiche dell’immobile pre-posseduto, conseguentemente è opportuno precisare lo stato dell’immobile nell’atto di compravendita e se ciò non dovesse bastare, la strada del contenzioso appare inevitabile.

Il fabbricato “non abitabile” mette a rischio la PPC?

Appurato che l’acquisto di un fondo rustico con un sovrastante fabbricato abitativo non inidoneo a sopperire alle esigenze abitative del contribuente non preclude l’acquisto agevolato “prima casa” di altro immobile abitativo ubicato nello stesso Comune, resta ora da chiarire se la “non abitabilità” del fabbricato di categoria “A” possa compromettere l’applicazione delle agevolazioni PPC.

Questo interrogativo trova risposta nella stessa Risoluzione n. 26 del 6 marzo 2015 con cui l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che l’accatastamento non è rilevante ai fini della sussistenza del rapporto di pertinenzialità, ciò che conta è la destinazione soggettiva e oggettiva dell’immobile che, come detto, deve essere funzionalmente subordinato al terreno agricolo a cui è asservito.

In altre parole, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni Uffici che per i fabbricati abitativi vedono concretizzato il rapporto di pertinenzialità solo se destinati ad abitazione del coltivatore diretto, a nostro parere un fabbricato di categoria A/4 può legittimamente usufruire delle agevolazioni per la formazione e l’arrotondamento della piccola proprietà contadina anche se l’immobile è utilizzato quale stalla, deposito attrezzi o per qualsiasi altro utilizzo che possa legittimarne la subordinazione funzionale al terreno agricolo.

È ovvio che, anche in questo caso, in assenza di un contraddittorio preventivo, pratica ancora poco utilizzata dall’Amministrazione, soprattutto in materia di registro, tali circostanze dovranno essere dimostrate in sede contenziosa.