
12 Mag LA SOCIETA’ CHE AFFITTA IL TERRENO AGRICOLO DICHIARA IL REDDITO DOMINICALE
di Vanni Fusconi, Avvocato
Una problematica che ancora continua a sollevare dubbi interpretativi è quella legata alla tassazione dei proventi percepiti dalle società commerciali che affittano terreni agricoli. Molto spesso, infatti, l’Agenzia delle Entrate contesta l’inserimento in dichiarazione del solo reddito domenicale riprendendo a tassazione l’intero canone derivante dall’affitto del fondo rustico.
Sul punto occorre preliminarmente ricordare che, in linea generale, gli immobili di proprietà delle imprese commerciali rilevano, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sulla base delle risultanze contabili. Tale regola, tuttavia, non trova applicazione con riferimento agli immobili c.d. patrimonio, che vengono tassati su base catastale, con conseguente irrilevanza di quanto iscritto nel conto economico.
La normativa di riferimento è dettata dall’art. 90 del TUIR che al comma 2 stabilisce che “I redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, concorrono a formare il reddito nell’ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I per gli immobili situati nel territorio dello Stato e a norma dell’articolo 70 per quelli situati all’estero. Tale disposizione non si applica per i redditi, dominicali e agrari, dei terreni derivanti dall’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti. […]”.
Il principio generale di derivazione del reddito dal conto economico vale dunque per gli immobili-merce e per quelli strumentali (per natura e per destinazione), ma trova nel richiamato art. 90 un’eccezione per gli immobili c.d. patrimonio, che vengono tassati con le regole dei redditi fondiari.
Tale disposizione non si applica per i redditi dominicali e agrari dei terreni derivanti dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR, anche se entro i limiti ivi stabiliti. Tale precisazione non deve essere fraintesa, infatti come chiarito dall’Agenzia Entrate con la Risoluzione del 10 giugno 2005, n. 77/E è stata introdotta solo al fine di escludere dalla tassazione su base catastale i terreni utilizzati dai soggetti passivi Ires per l’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32 del Tuir, anche se nei limiti ivi stabiliti.
Vista la normativa sopra riportata, la questione dirimente al fine di definire la problematica in esame risulta essere quella della classificazione del fondo rustico affittato da una società immobiliare di gestione nell’ambito dei beni strumentali (per natura o destinazione), dei beni merce (entrambe le categorie sono disciplinate dall’art, 43 del TUIR) oppure dei cosiddetti beni patrimonio, in relazione ai quali, come detto, trova applicazione l’art. 90 del TUIR.
Immobile strumentali per natura: sono quelli che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, indipendentemente dal loro utilizzo. L’Amministrazione finanziaria nelle istruzioni alla dichiarazione dei redditi identifica tali immobili nelle seguenti categorie catastali: B (unità immobiliari per uso di alloggi collettivi); C (unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varia), D (immobili a destinazione sociale), E (immobili a destinazione particolare), A/10 (uffici e studi privati a condizione che la destinazione sia prevista dalla licenza edilizia o concessione edilizia anche se in sanatoria).
In sostanza, ciò che rileva è la categoria catastale di appartenenza del bene e non l’utilizzo, o meno, dello stesso nell’esercizio dell’impresa (cfr. Circolare n. 39/E/2008; Risoluzione n. 280/E/2008; Risoluzione n. 56/E/2004).
Immobile strumentali per destinazione: trattasi dei beni che vengono utilizzati dal possessore esclusivamente per l’esercizio di imprese commerciali o di arti e professioni.
Immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa: se l’impresa è una società immobiliare di costruzione, gli immobili assumono la caratteristica di bene merce. Ne consegue che gli immobili costituiscono beni magazzino.
Immobile patrimonio: che non sono né strumentali né merce, ma costituiscono un investimento per l’impresa.
Il fondo rustico concesso in affitto da una società commerciale non rientra fra i beni strumentali (per natura o per destinazione) né tantomeno fra i beni merce, visto che l’attività delle società consiste nella locazione di un immobile, quindi il fondo rustico non costituisce lo strumento attraverso cui viene svolta l’attività ma l’oggetto della stessa. Ne consegue che il terreno agricolo deve essere classificato nell’ambito dei beni patrimonio in relazione ai quali trova applicazione l’art. 90 del TUIR.
La problematica in esame è stata recentemente oggetto di un interessante pronunciamento della Suprema Corte di Cassazione che con la Sentenza n. 4418/2020 si è espressa proprio sull’applicazione dell’art. 90 del TUIR ad una S.n.c. immobiliare di gestione che concedeva in affitto un fondo rustico che costituiva l’unico immobile della società (in tal senso anche Cass. n. 19815 e n. 2153/2019).
La Suprema Corte ha censurato l’orientamento espresso dall’Agenzia e ha stabilito che il fondo rustico locato da una società in nome collettivo non ha natura di immobile “strumentale per destinazione”, ma costituendo l’unico immobile della società e, quindi, l’oggetto stesso dell’attività, deve essere qualificato come immobile patrimonio e, conseguentemente i relativi redditi devo essere assoggettati a tassazione con le modalità proprie dei redditi fondiari, ai sensi dell’art. 90 del TUIR, e non sulla base dei canoni percepiti.
Quanto stabilito dalla Corte di Cassazione appare del tutto condivisibile poiché appare evidente che se i terreni non vengono utilizzati per svolgere un’attività agricola, ma sono concessi in affitto, non possono essere considerati beni strumentali. Ciò in base al concetto già espresso: il terreno non è lo strumento dell’attività ma ne costituisce l’oggetto.
Tale principio trova conferma nelle istruzioni ministeriali alla compilazione del modello Unico per le società di capitali. In particolare, in tale sede viene precisato che i redditi dei terreni e dei fabbricati che non costituiscono beni strumentali per l’impresa né beni merce concorrono a formare il reddito secondo le risultanze catastali (vedi anche la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 77/E/2005).
Ai sensi di quanto previsto dall’ultimo capoverso della dell’art. 90 comma 1 il reddito imponibile degli immobili-patrimonio locati è determinato assumendo il maggiore dei valori tra la rendita catastale (rivalutata del 5%) ed il canone di locazione ridotto delle spese di manutenzione ordinaria sostenute entro il limite del 15% del canone.
La disposizione trova sostanzialmente applicazione per i soli immobili di civile abitazione posseduti dall’impresa.
Il canone di locazione, ai fini del raffronto con la rendita catastale rivalutata del 5%, può essere ridotto dell’importo delle spese sostenute per la realizzazione degli interventi di cui alla lett. a) del comma 1 dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, ossia solo per gli interventi di manutenzione ordinaria con esclusione di quelli di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione edilizia.
Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha precisato che tale disposizione si riferisce ai fabbricati – costituenti immobili patrimoniali – situati nel territorio dello Stato, considerato che ai fabbricati situati all’estero non è possibile applicare le tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria o classe, necessarie per il calcolo del “reddito medio ordinario”, come previsto dal citato art. 90 del TUIR, i redditi dei fabbricati situati all’estero restano, pertanto, assunti nell’ammontare determinato a norma dell’art. 70, comma 2 del TUIR (Circolare n. 10/E del 13 marzo 2006).