
01 Set I SERVIZI IN CONTO TERZI METTONO A RISCHIO L’ESERCIZIO ESCLUSIVO DELLE ATTIVITA’ AGRICOLE
Ai sensi di quanto previsto dal terzo comma dell’art. 2135 c.c. sono considerate attività agricole connesse le “attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.”.
Una disposizione importante che ha fatto sì che numerose aziende agricole, nel rispetto dei limiti della “normalità” e della “prevalenza”, potessero massimizzare l’impiego delle proprie attrezzature. Con lo sviluppo del settore e la crescita delle aziende anche le lavorazioni in conto terzi hanno subito una evoluzione.
Infatti, il trattore non è più l’unico macchinario presente in azienda ed è emersa la necessità di impiegare al meglio anche altri macchinari ed attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività agricola, quali, ad esempio, quelle funzionali alla molitura delle olive, al processo di vinificazione, di imbottigliamento, alla lavorazione della frutta, alla macellazione degli animali.
Nella riflessione che mi accingo a sottoporvi cercherò di offrire una corretta interpretazione della norma, non tanto per quanto concerne i concetti di normalità e prevalenza – in relazioni ai quali non sembrano sussistere dubbi – ma al fine di individuare i limiti imposti dalla locuzione normativa “impiegate nell’attività agricola esercitata”. In buona sostanza occorre comprendere se il legislatore abbia inteso riferirsi ai soli macchinari impiegati nell’attività agricola principale (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali) oppure se possano essere utilizzate anche attrezzature impiegate nelle attività agricole connesse, quali, ad esempio, quelle utilizzate per la manipolazione o la trasformazione dei prodotti agricoli.
La distinzione non è di poco conto, poiché se si dovesse accedere all’interpretazione più restrittiva significherebbe che ogni qual volta i servizi vengano svolti con l’impiego di macchine utilizzate nell’ambito delle attività agricole connesse ci potremmo trovare al cospetto di servizi di natura extra agricola che non solo non potrebbero rientrare nel regime di determinazione forfettario del reddito di cui all’art. 56 bis del TUIR (25%), ma sarebbero anche in grado di inficiare il requisito dell’esercizio esclusivo delle attività agricole.
Sul punto alcuni Uffici dell’Agenzia hanno adottato l’orientamento maggiormente restrittivo, sulla base del fatto che la circolare 44/E/2002 fa esplicito riferimento alle attrezzature utilizzate nell’attività agricola principale: “le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento.”.
Alla luce di ciò, viene negato l’inquadramento nell’ambito delle attività agricole connesse a quei servizi che, seppur svolti nei limiti della prevalenza e della normalità, vengono effettuati utilizzando attrezzature che non sono funzionali all’esercizio dell’attività di coltivazione/allevamento/silvicoltura ma, ad esempio, sono utilizzate nell’attività connessa di trasformazione dei propri prodotti agricoli. E’ il caso, ad esempio, di un impianto di vinificazione perfettamente dimensionato per lavorare le uve proprie (nel pieno rispetto del requisito della normalità) che viene altresì utilizzato anche per la lavorazione delle uve in conto terzi.
Questa interpretazione, seppur da tenere necessariamente in considerazione, a mio parere non appare condivisibile se non nell’ottica di lasciare all’Agenzia delle Entrate la facoltà di “legiferare” (in agricoltura è una prassi frequente). Infatti, dal tenore letterale del comma 3 dell’art. 2135 c.c. appare chiaro come il legislatore, con la generica locuzione “attività agricola esercitata”, si sia voluto riferire all’intera attività agricola svolta dall’imprenditore, necessariamente comprensiva anche delle attività agricole connesse. Alle medesime conclusioni si dovrebbe giungere anche seguendo un criterio interpretativo di ordine logico sistematico, infatti il comma 1 l’art. 2135 annovera fra le attività agricole, oltre la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura, anche le attività agricole connesse.
Al di là del tenore letterale della norma e al criterio logico/sistematico, le regole su cui si basa l’interpretazione della legge impongono di indagare anche l’intenzione del legislatore. Ebbene, se la ratio sottesa all’inserimento dei servizi fra le attività agricole connesse è quella di consentire all’imprenditore agricolo di sfruttare al meglio gli investimenti necessari per lo svolgimento della propria attività, non si comprende per quale motivo si dovrebbero escludere dai servizi esercitabili per conto terzi le attrezzature volte a completare il ciclo della propria produzione agricola.