23 Set ENERGIA DA BIOGAS, ANCORA DUBBI SULLA TARIFFA OMNICOMPRENSIVA
di Vanni Fusconi, Giorgio Gavelli - Pubblicato sul Sole 24 ore il 23.09.2024
In ambito agricolo si discute molto (anche in contenzioso) sull’assoggettamento a tassazione della quota incentivo per le imprese agricole che producono energia da biogas oltre i limiti rientranti nel reddito agrario.
Secondo l’articolo 1, comma 423, della legge 266/2005 rientrano nell’ambito delle attività agricole connesse (articolo 2135 del Codice civile) la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali nei limiti di 2.400.000 kWh e fotovoltaica sino a 260.000 kWh per anno. Per la produzione di energia eccedente, la medesima disposizione stabilisce che il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione ai fini Iva, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
Lo scomputo della quota
Se la quota incentivo viene indicata distintamente non sorge alcun dubbio interpretativo, ma così non è quando l’impresa percepisce la cosiddetta “tariffa omnicomprensiva”. In tal caso l’Agenzia, in sede di accertamento, non riconosce al contribuente la possibilità di scomputare dalla tassazione la quota incentivo, poiché parte di un unico corrispettivo rilevante ai fini Iva, delle imposte dirette e dell’Irap.
Questa interpretazione da parte del Fisco non appare condivisibile: il legislatore, con l’introduzione del concetto di “quota” sembra essersi riferito esplicitamente alla tariffa omnicomprensiva, considerando che, se la tariffa e il corrispettivo fossero stati distinti, non ci sarebbe stato bisogno di una simile precisazione. In aggiunta, lo stesso Dl 34/2023 (decreto bollette) – che ha introdotto per il solo anno 2022 una tassazione ridotta per calmierare l’effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia – all’articolo 6 ha evidenziato la necessità di scomporre i due elementi della tariffa omnicomprensiva e sottoporre a imposizione la sola quota di corrispettivo. Tale linea interpretativa è stata condivisa da diverse commissioni di merito, fra cui la Ctp di Pavia che, con la sentenza 403/01/2020 (confermata dalla successiva decisione 195/2023) ha ritenuto corretto il comportamento del contribuente che – in virtù di quanto previsto dal citato comma 423 – escludeva da tassazione la “quota” incentivo.
Criteri di calcolo assenti
Di segno diametralmente opposto la sentenza 2131/19/2024 con cui la Cgt di secondo grado della Lombardia (confermando la precedente decisione 2662/02/2023) ha accolto la tesi dell’Agenzia stabilendo l’assoggettabilità a imposizione dell’intero reddito derivante dalla vendita dell’energia. Secondo la Corte lombarda, se non è la legge a prevedere un criterio di calcolo per l’individuazione del corrispettivo, non può essere il contribuente a individuarlo arbitrariamente sulla base del valore di mercato dell’energia. Una tesi, quest’ultima che non appare condivisibile, poiché, tutt’al più, si potrà sindacare sul criterio empirico di scorporo della quota incentivo, ma non certo sulla possibilità di farlo, visto che è lo stesso legislatore a prevederlo.
Come evidenziato dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, intervenuto al convegno in ricordo di Gian Paolo Tosoni tenutosi a Gonzaga (Mantova) lo scorso 4 settembre (si veda Il Sole 24 Ore del 6 settembre), si tratta di una problematica dagli aspetti tecnici estremamente complessi (si veda anche Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2024) in relazione alla quale si rende necessario un coordinamento tra Gse, agenzia delle Entrate, ministeri delle Imprese e del made in Italy, dell’Ambiente, dell’Economia e delle Finanze, al fine di risolvere i vari dubbi interpretativi.