
28 Lug DALLA DELEGA FISCALE NUOVE OPPORTUNITÀ PER L’ AGRICOLTURA E LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA ORGANICA DEL SETTORE
I principi e le linee guida dettati dalla Delega Fiscale evidenziano la necessità di un intervento normativo volto ad offrire un corretto ed organico inquadramento fiscale delle nuove forme di coltivazione. Mi riferisco, ad esempio, alle coltivazione idroponiche o areoponiche e, in generale, a tutte coltivazione che si discostano dall’agricoltura tradizionale poiché prescindono dall’utilizzo del fattore terra.
Ai fini civilistici il legislatore ha fondato il concetto di attività agricola sul “ciclo biologico” ed ha relegato il fondo a elemento solo “potenzialmente”, necessario alla coltivazione. Alla luce di ciò, non possono esservi dubbi sulla possibilità di ricomprendere tali attività nell’ambito dell’art. 2135 c.c.. Dal punto di vista fiscale, invece, il fattore terra assume un ruolo essenziale poiché, come recita il primo comma dell’art. 32 del Tuir, “Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio delle attività agricole su di esso.” Da questo stretto legame fra reddito agrario e terreno è emersa la necessità, recepita nella Delega Fiscale (Art. 5, comma 1, lett. b), punto 1)) di introdurre nuove classi e qualità di coltura al fine di consentire anche a queste nuove forme di coltivazione di poter essere ricomprese nell’ambito di applicazione dell’art. 32 del TUIR.
La problematica, tuttavia, non si esauriscono qui, poiché le colture fuori suolo sono ormai da oltre un decennio mal disciplinate ai fini fiscali. Mi riferisco in particolare al secondo comma lett. b) dell’art 32 del Tuir che annovera fra le attività agricole quelle forme di coltivazione che, pur sfruttando la terra per la cura del ciclo biologico (unica eccezione la funghicoltura), non vengono svolte sul terreno, ma su piani “in strutture fisse o mobili”, le cosiddette “serre”.
Ebbene, in queste ipotesi assume un ruolo fondamentale l’art. 28 del TUIR che, al comma 4 bis, stabilisce che per le colture prodotte in serra, in mancanza della corrispondente qualità nel gruppo di qualificazione catastale, occorre fare riferimento alla tariffa d’estimo più alta nella provincia.
La norma ha evidentemente lo scopo di attribuire la tariffa d’estimo più alta nel caso in cui la serra sia ubicata su di un terreno la cui classe catastale non corrisponde a quella della coltura svolta. La disposizione in esame presuppone, dunque, che la serra sia ubicata su un terreno dotato di reddito agrario con cui effettuare la comparazione. Ebbene, dal 2012 le serre devono essere obbligatoriamente accatastate al catasto fabbricati, conseguentemente non è più possibile effettuare alcun confronto visto che la superficie su cui insiste la serra (un fabbricato) è totalmente priva di reddito agrario. Una problematica non da poco che assume ancora più importanza nel momento in cui si vuole correttamente estendere la tassazione catastale a tutte quelle coltivazioni che rappresentano il futuro dell’agricoltura e che vengono svolte in fabbricati molto spesso ubicati in zone industriali. Serve dunque una modifica normativa che consenta di dare organicità ad un sistema che troppo spesso è stato caratterizzato dalla sovrapposizione di normative mal coordinate.