La CGT di Forlì, con la sentenza n. 127/2023, offre un’analisi dei principi che devono informare l’emissione degli avvisi di accertamento catastale.
L’Agenzia negava la ruralità ad una villa liberty destinata ad agriturismo e, anche in virtù delle finiture di pregio, ne aumentava la rendita catastale. Nell’avviso venivano descritte le caratteristiche dell’immobile, a dire dell’Ufficio, riscontrate in sede di sopralluogo.
In pendenza del procedimento di primo grado le contestazioni relative al disconoscimento della ruralità venivano annullate in autotutela ed il contenzioso proseguiva in relazione alla rideterminazione della rendita catastale.
Contrariamente a quanto riportato nell’accertamento, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado riscontrava la mancata effettuazione del sopralluogo, conseguentemente le argomentazioni svolte nell’avviso in merito alle caratteristiche del fabbricato dovevano essere considerate irrilevanti ai fini probatori e inidonee a supportare la motivazione dell’avviso di accertamento catastale.
A questo punto la rideterminazione della rendita risultava sprovvista di qualsivoglia motivazione, rendendo illegittimo l’avviso di accertamento catastale. Infatti, secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l’avviso di accertamento catastale può essere privo di motivazione solo nell’ipotesi in cui la rideterminazione della rendita sia basata su una diversa valutazione tecnica dei dati riportati dal contribuente. Tale circostanza, nel caso trattato, non si era di certo verificata visto che nel corso del procedimento l’Agenzia aveva confermato la ruralità dell’immobile.