
12 Mag A FORTE RISCHIO LA PRELAZIONE AGRARIA PER LE SOCIETA’
di Vanni Fusconi, avvocato
La “prelazione agraria” esprime il diritto del coltivatore (conduttore del fondo altrui o confinante di questo) ad essere preferito al terzo nell’acquisto di un fondo rustico alle medesime condizioni stabilite per quest’ultimo.
La disciplina di riferimento è rappresentata dall’art. 8 della Legge 26 maggio 1965, n. 590, che disciplina la prelazione dell’affittuario coltivatore diretto, e dall’art. 7, comma 2, della Legge 14 agosto 1971, n. 817, recante disposizioni relative alla prelazione del proprietario confinante coltivatore diretto.
Al cospetto di una normativa così succinta, datata ormai mezzo secolo, ci si aspetterebbe pochi dubbi interpretativi e una disciplina consolidata da prese di posizione definitive della giurisprudenza di legittimità.
In realtà non è così, la prelazione agraria rappresenta un istituto estremamente complesso in grado di generare una grande mole di contenzioso risolto da pronunce a dir poco ondivaghe della giurisprudenza di legittimità.
Come detto, 50 anni d’età non sono affatto bastati a dare certezza all’applicazione dei due articoli e in un siffatto contesto è facile immaginare come siano stati recepiti e quali conseguenze abbiano portato, in termini di incertezza applicativa, due “recenti” interventi normativi che si sono inseriti nell’ambito della disciplina della prelazione agraria.
Ci riferiamo, in particolare, all’art. 2 deI D.Lgs. n. 99/2004, con cui il legislatore ha esteso il diritto di prelazione alle società di persone e all’art. 1, comma 3, L. 28 luglio 2016, n. 154 che aggiungendo il comma 2 bis all’art. 7 della Legge n. 817/1971 ha esteso la prelazione agraria all’imprenditore agricolo professionale.
Società di persone e diritto di prelazione
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3 del D.Lgs. n. 99/2004: “L’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all’articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’ articolo 2188 e seguenti del codice civile. Alla medesima società sono in ogni caso riconosciute, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.”.
Nell’analisi della disposizione in esame, intendiamo tralasciare il concetto di società agricola, ben definito dal primo comma del medesimo art. 2, per concentrarci sull’ulteriore requisito della compagine sociale delle società di persone che per poter usufruire del diritto di prelazione deve essere composta da almeno la metà dei soci “coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’ articolo 2188 e seguenti del codice civile.”.
1 – Decreto legislativo 29/03/2004 n. 99, art. 2, comma 1: […] “1. La ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’ articolo 2135 del codice civile deve contenere l’indicazione di società agricola. Non costituiscono distrazione dall’esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l’affitto di fabbricati ad uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del c.c., sempre ché i ricavi derivanti dalla locazione o dall’affitto siano marginali rispetto a quelli derivanti dall’esercizio dell’attività agricola esercitata. Il requisito della marginalità si considera soddisfatto qualora l’ammontare dei ricavi relativi alle locazioni e affitto dei beni non superi il 10 per cento dell’ammontare dei ricavi complessivi. Resta fermo l’assoggettamento di tali ricavi a tassazione in base alle regole del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.”
Quest’ultimo requisito deve essere analizzato con particolare attenzione, poiché la norma non attribuisce rilevanza alla semplice qualifica di Coltivatore Diretto – da intendersi come soggetto iscritto nella relativa gestione previdenziale – ma all’iscrizione del socio come coltivatore diretto nel registro delle imprese.
Ebbene, può verificarsi, poiché lo abbiamo appurato analizzando le iscrizioni presso la camera di commercio, che un coltivatore diretto regolarmente iscritto all’INPS, poiché in possesso di tutti i requisiti necessari, non risulti iscritto come coltivatore diretto presso la CCIAA.
Ciò può accadere, ad esempio, quando l’agricoltore non è titolare di un’impresa agricola individuale, ma svolge la propria attività agricola esclusivamente come socio di una società semplice.
Ebbene, in questa ipotesi ci troveremo al cospetto di un agricoltore regolarmente iscritto all’INPS nella sezione speciale dei Coltivatori Diretti (la partecipazione nella società semplice gli attribuisce le giornate necessarie) ma, al contempo, non risulterà iscritto come CD nella sezione speciale del registro delle imprese.
Qui di seguito riportiamo la dicitura che nell’esempio fornito compare al registro imprese:
– Iscritta con la qualifica di IMPRESA AGRICOLA (sezione speciale)
In buona sostanza, il semplice possesso di partecipazioni in una società semplice non consente al coltivatore diretto regolarmente iscritto all’INPS di essere iscritto come tale alla camera di commercio, pertanto si ritiene che per poter integrare senza criticità il requisito richiesto dall’art. 2, comma 2 del D.Lgs. n. 99/2004 sia necessario che almeno la metà dei soci coltivatori diretti della società di persone sia anche titolare di una propria impresa agricola individuale che gli consenta di essere iscritti come tali anche nella sezione speciale del registro delle imprese.
Qui di seguito riportiamo la dicitura che nell’esempio fornito compare al registro imprese:
– Iscritta con qualifica di PICCOLO IMPRENDITORE (sezione speciale) il … Coltivatore diretto
L’interpretazione offerta, oltre ad essere fondata sul tenore letterale della norma (l’iscrizione al registro imprese è l’unico elemento rilevante), appare altresì in linea con la ratio della norma in esame.
Il legislatore, con l’introduzione dell’art. 2, comma 2 del D.Lgs. n. 99/2004, ha sicuramente inteso promuovere lo sviluppo della forma societaria in agricoltura (riconoscendo alla stessa i diritti propri del CD) ma, al contempo, ha inteso tutelare il terzo acquirente ponendo la condizione dell’iscrizione di almeno la metà dei soci coltivatori diretti nel registro delle imprese.
A sostegno di un siffatto orientamento rileva anche la disciplina tributaria, infatti quando il legislatore ha inteso riconoscere le agevolazioni alle società senza preoccuparsi della tutela del terzo, non ha fatto riferimento “all’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese”, ma “alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto” (art. 2, comma 4 bis D.Lgs. n. cit.), senza quindi che in tal caso rilevi l’iscrizione nel registro delle imprese.
Per concludere, quando ci si trova al cospetto di una società agricola, sia essa una società semplice, una SNC o una SAS, al fine di verificare un eventuale diritto di prelazione in capo alla stessa non è sufficiente che almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di CD ai fini contributivi, ma è necessario che gli stessi risultino iscritti come tali presso il registro delle imprese. Circostanza che dalle verifiche effettuate si concretizza solo nell’ipotesi in cui lo stesso, oltre ad essere socio, sia anche titolare di una propria impresa agricola individuale.
2 – Verifica effettuata a campione presso la Camera di Commercio di Forlì e Cesena, potrebbe variare presso altri Comuni.
3 – Verifica effettuata a campione presso la Camera di Commercio di Forlì e Cesena, potrebbe variare presso altri Comuni.
4 – Decreto legislativo 29/03/2004 n. 99, art. 2, comma 4 bis: […] “Le agevolazioni di cui al comma 4 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. La perdita dei requisiti di cui al presente comma nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.”.
Imprenditore agricolo professionale (IAP) e diritto di prelazione
L’art. 1, comma 3, della Legge 28 luglio 2016, n. 154, pubblicata sulla G.U. 10 agosto 2016, n. 186 ha aggiunto all’art. 7 della Legge n. 817/1971 il comma 2 bis che ha esteso il diritto di prelazione agraria ai confinanti imprenditori agricoli professionali (in seguito I.A.P.).
Il richiamato comma 2 bis stabilisce: “all’imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti.”.
La disposizione in esame, accolta con grande entusiasmo dal mondo agricolo, ha in realtà sollevato sin da subito non poche perplessità per quanto concerne il suo ambito applicativo.
Tralasciando per un attimo le evidenti problematiche legate alla disparità di trattamento che la norma in esame indubbiamente crea fra lo IAP confinante e l’affittuario, analizzeremo precipuamente quali sono i soggetti a cui la predetta norma si riferisce.
Contrariamente a quanto auspicato da molti che avrebbero voluto estendere l’ambito applicativo della disposizione in esame a tutti i soggetti in possesso della qualifica di IAP, quindi anche alle società, si ritiene che il comma 2 bis sia applicabile alle sole persone fisiche.
Tale interpretazione deriva ancora una volta dal tenore letterale della norma che facendo riferimento all’“l’imprenditore agricolo professionale iscritto nella relativa previdenza agricola” non può che riferirsi alle persone fisiche, infatti una società agricola non può essere iscritta nella gestione previdenziale agricola ed acquisisce la qualifica di IAP se almeno un socio (società di persone) o amministratore (società di capitali) è in possesso di tale qualifica o della qualifica di coltivatore diretto.
Ma non solo, quanto sin qui affermato trova riscontro anche nella normativa fiscale nell’ambito della quale quando il legislatore ha inteso fare riferimento all’iscrizione previdenziale ha inteso riferirsi alle persone fisiche.
5 – Decreto legislativo 29/03/2004 n. 99, art. 1, comma 1: “Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all’ articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l’attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l’attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.”
Emblematico in tal senso è quanto previsto in materia di piccola proprietà contadina dall’art. 2, comma 4 bis del D.Lgs. n. 194/2009.
Il legislatore, al primo capoverso della disposizione in esame, ha richiamato ai fini dell’applicabilità della norma i “coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale”.
Con tale locuzione – identica a quella formulata in tema di prelazione – il legislatore ha evidentemente inteso fare riferimento alle sole persone fisiche, poiché al fine di estendere le agevolazioni PPC anche alle società IAP, al quarto capoverso della medesima disposizione ha ritenuto necessario fare salvo quanto previsto dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 99/2004 che al comma 4 estende alle società agricole IAP le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta.
Salvo stravolgimenti interpretativi ad opera della giurisprudenza di legittimità, troppo spesso avvezza ad oltrepassare quello che è il tenore letterale e la ratio legis, il nuovo comma 2 bis dell’art. 7 deve essere interpretato nel senso di estendere il diritto di prelazione alle sole persone fisiche IAP proprietarie di terreni confinanti con quello offerto in vendita.
Per concludere, e come già accennato in premessa, la nuova disposizione crea una indubbia e ingiustificata disparità di trattamento fra l’imprenditore agricolo professionale confinante (titolare del diritto di prelazione) e quello affittuario del fondo che non può accedere a tale agevolazione. Infatti, l’art. 7, comma 2, della Legge 14 agosto 1971 n. 817, non avendo subito alcuna modifica, continua a contemplare unicamente l’ipotesi di esercizio del diritto di prelazione da parte del solo affittuario coltivatore diretto.
Si evidenzia come parte della dottrina abbia tentato di sopperire a tale problematica richiamando quanto previsto dall’art. 1, comma 515, della Legge n. 205/2017 che, in materia di affitto di fondo rustico, all’articolo 7 della legge 3 maggio 1982, n. 203 ha aggiunto il seguente comma: “Sono altresì equiparati ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, anche gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola”.
Pur trattandosi di una norma che riguarda l’affitto di fondo rustico e non la prelatio agraria, tale disposizione secondo alcuni autori consentirebbe allo IAP affittuario di acquisire il diritto di prelazione nell’ipotesi di vendita del fondo da lui condotto.
Si tratta di un’interpretazione forzata e poco condivisibile che non può sopperire alle carenze manifestate dal legislatore nel coordinare una disciplina regolamentata da soli 2 articoli di legge ma in grado di generare una grande litigiosità fra le parti.
6 – 4-bis. “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento. Le agevolazioni previste dal periodo precedente si applicano altresì agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di proprietari di masi chiusi di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, da loro abitualmente coltivati. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all’articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All’onere derivante dall’attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all’articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.”.
7 – Decreto legislativo 29/03/2004 n. 99, art. 2, comma 4: “Alle società agricole di cui all’articolo 1, comma 3, qualificate imprenditori agricoli professionali, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui all’articolo 1, comma 3, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime .”