
12 Mag TERRENI EDIFICABILI CEDUTI DA IMPRENDITORI AGRICOLI UN REBUS ANCORA IRRISOLTO
L’applicazione dell’IVA sulle cessioni di terreni edificabili da parte di imprenditori agricoli resta una delle questioni maggiormente controverse della fiscalità indiretta in agricoltura. Negli anni, infatti, si sono registrati orientamenti altalenanti da parte della giurisprudenza di legittimità, che molto spesso si è espressa in senso contrapposto ai chiarimenti offerti dalla stessa Amministrazione finanziaria.
Al fine di semplificare e comprendere i termini della questione, offriremo una definizione del concetto di area edificabile per poi analizzare le diverse prese di posizione della Cassazione e dell’Agenzia delle Entrate.
Il concetto di area edificabile nell’ambito dell’imposizione indiretta
L’art. 36, comma 2 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248, ha definito quale “area fabbricabile” l’area “utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione o dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.
Un’area si considera, quindi, edificabile, se la stessa è inserita all’interno dello strumento urbanistico adottato dal Comune, a prescindere dal fatto che lo stesso sia stato o meno approvato (cfr. Cass. 12 luglio 2012, n. 11886).
Imposta sul valore aggiunto
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 1 del D.P.R. n. 633/1972, “l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
Il successivo art. 4 stabilisce che per esercizio di imprese si intende “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice Civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice Civile”.
Visto il combinato normativo sopra citato, le cessioni di aree edificabili poste in essere nell’ambito dell’impresa sono soggette ad IVA con l’applicazione dell’aliquota ordinaria del 22%.
Per tali immobili, in virtù del principio di alternatività IVA/registro, l’imposta di registro, ipotecaria e catastale trova applicazione nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Diversamente, le cessioni aventi ad oggetto “terreni agricoli”, quindi di terreni che non rientrano nella definizione offerta dall’art. 36, comma 2 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, non rientrano nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972.
Imposta di registro
Nell’ipotesi in cui la cessione di un’area edificabile non avvenga nell’ambito dell’esercizio dell’attività di impresa, trova applicazione l’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Testo Unico del Registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che, per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, prevede l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 9% (con un minimo di 1.000 euro), mentre le imposte ipotecaria e catastale scontano il tributo nella misura ordinaria, ossia rispettivamente al 2% e all’1%.
Effettuata questa breve disamina di carattere generale sull’inquadramento fiscale ai fini delle imposte indirette, analizzeremo i diversi orientamenti offerti dall’Agenzia e dalla Corte di Cassazione in merito alla cessione di un’area edificabile da parte di un imprenditore agricolo.
I chiarimenti offerti dall’Amministrazione finanziaria
Secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, la cessione di un’area edificabile da parte di un imprenditore agricolo individuale è soggetta ad IVA, in quanto la stessa rientra nella sfera dell’impresa.
Il ragionamento dell’Agenzia è tanto semplice quanto condivisibile: infatti, se il terreno è destinato alla coltivazione, è evidente come lo stesso sia rimasto nella sfera dell’impresa agricola a prescindere dal fatto che abbia mutato la propria natura con l’inserimento all’interno dello strumento urbanistico (da terreno agricolo ad area edificabile).
L’Agenzia ha affermato il predetto principio con numerosi documenti di prassi (Risoluzioni n. 137/2002 e n. 54/2007) e addirittura, con la Risoluzione n. 106/2008, è giunta fino al punto di affermare che in presenza di un’area edificabile posseduta in comunione pro indiviso da più soggetti, di cui solo uno la coltivava quale imprenditore, la relativa cessione doveva essere assoggetta a IVA per un sesto e a imposta di registro per i restanti 5/6.
In epoca più recente, l’Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpellanza parlamentare n. 5-10314 del 19 gennaio 2017, ha confermato tale principio sostenendo che, solo qualora l’imprenditore agricolo non utilizzi il terreno edificabile quale bene strumentale nella propria attività, la relativa cessione è soggetta a imposta di registro.
Ovviamente, i condivisibili principi espressi dall’Agenzia sono applicabili solo se vi è coincidenza tra il titolare della impresa agricola e il proprietario del terreno, fattispecie che si presenta naturalmente per le imprese individuali. Diversamente, nel caso in cui il terreno sia coltivato da una società semplice, ma di proprietà dei soci, la cessione sarà soggetta ad imposta di registro, in quanto il titolare dell’impresa agricola (cioè la società) non è proprietaria dell’area.
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità
La Corte di Cassazione si è espressa sulla problematica in esame numerose volte con orientamenti contrastanti.
Con un primo orientamento, gli Ermellini hanno affermato che la cessione da parte di un imprenditore agricolo di un terreno divenuto edificabile non può essere considerata un’operazione soggetta ad IVA, poiché il terreno non può più costituire oggetto dell’impresa agricola, non essendo più destinato all’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c. (Cass. 2 giugno 1999, n. 5366; 10 febbraio 2001, n. 1935; 20 novembre 2008, n. 27576; 9 aprile 2014, n. 8327).
Tale assunto troverebbe conferma nell’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 che evidenzia come la Legge riconosca il carattere di ruralità degli immobili sulla base del mero utilizzo nell’ambito dell’attività agricola.
Tali conclusioni risultano ulteriormente confortate dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza del 15 settembre 2011, sulle cause C-180/2010 e C-181/2010, sull’interpretazione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della Sesta Direttiva, nonché dell’art. 9, n. 1, 16 e 295, n. 1, punto 3, della Direttiva IVA.
Successivamente, la Cassazione ha modificato la propria posizione evidenziando la necessità di fare riferimento alla destinazione attribuita al terreno da parte dell’imprenditore agricolo cedente. Pertanto, la cessione del terreno divenuto edificabile da parte dell’imprenditore agricolo sarebbe stata soggetta a IVA solo se il terreno fosse stato destinato all’attività agricola dell’impresa (coltivato per un determinato periodo di tempo) (Cass. 2 ottobre 1999, n. 10943; 3 aprile 2000, n. 3987).
Secondo quest’ultimo e maggiormente condivisibile orientamento, se il terreno edificabile nella titolarità dell’imprenditore agricolo non è mai stato destinato all’attività agricola, questo non rientra nella sfera dell’impresa e, conseguentemente, la sua cessione risulta fuori campo IVA ed assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale.
L’Ordinanza n. 20149/2019
La Corte di Cassazione, con la recente Ordinanza n. 20149/2019, ha fatto un passo indietro, tornando a sposare il precedente orientamento che considerava la sopravvenuta edificabilità del terreno agricolo alla stregua di una vera e propria trasformazione in grado di escludere la cessione del bene dall’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
L’inserimento del terreno agricolo nel piano regolatore genera un bene del tutto nuovo, con natura e finalità nettamente distinte dal precedente. In altri termini, il terreno, che da agricolo diviene edificabile, si trasforma da bene che serve per coltivare a bene che consente la costruzione, aumentando il suo valore e la sua appetibilità commerciale.
Secondo la Corte, infatti, deve escludersi che nella nozione dei “beni relativi all’impresa” possano ricomprendersi tutti i beni ad essa riconducibili, dal momento che tale nozione implica la combinazione di almeno due elementi:
– elemento oggettivo: il bene deve essere idoneo esclusivamente all’esercizio dell’impresa;
– elemento soggettivo: vi deve essere la volontà esplicita dell’imprenditore di inserirlo stabilmente nella propria organizzazione produttiva.
La decisione dell’imprenditore, che in virtù della mutata valenza economica del terreno divenuto edificabile provvede ad escluderlo dalla propria organizzazione produttiva, toglie al bene stesso il carattere originario di bene strumentale e, conseguentemente, la relativa cessione fuoriesce dalla tipologia degli atti soggetti a IVA ed assume rilevanza ai fini dell’imposta di registro.
Osservazioni conclusive
Le argomentazioni svolte dalla Corte di Cassazione non appaiono condivisibili, poiché sono fondate sulla presunzione del tutto arbitraria che l’imprenditore agricolo che intende cedere un terreno divenuto edificabile operi necessariamente con l’animo dello speculatore edilizia, quindi al di fuori dall’attività di impresa agricola.
Si tratta di una presunzione giurisprudenziale come detto arbitraria, ma al tempo suscettibile di dare adito a valutazioni evidentemente errate. Si pensi ad esempio al caso in cui l’area edificabile venga ceduta ad altro imprenditore agricolo che intende coltivarla, quindi destinarla all’attività agricola (ipotesi non rara nel periodo storico che stiamo vivendo).
Ebbene, in quest’ultima ipotesi, la tesi della Cassazione che vorrebbe sempre attrarre nella sfera privata dell’imprenditore la vendita dell’area edificabile mostra evidenti criticità, poiché nel caso prospettato non si può di certo parlare di “operazione attinente alla sfera privata del soggetto” oppure di “finalità di speculazione edilizia”.
Per non incorrere in tali criticità, occorrerebbe incentrare la valutazione circa la distrazione dall’attività di impresa sullo stesso bene oggetto di cessione.
Se relativamente ad una area edificabile è stato, ad esempio, approvato lo strumento attuativo e firmata la convenzione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, è evidente che si sta operando al di fuori dall’ambito dell’impresa agricola. Al contrario, se il terreno è semplicemente suscettibile di utilizzazione edificatoria e non è stato approvato alcun piano attuativo, il terreno potrebbe ancora essere destinato all’attività agricola per anni, anche decenni. In questo ultimo caso appare più convincente la cessione in regime di IVA.